Nell’Alert di settimana scorsa si è visto che l’opportunismo degli hacker si avvantaggia delle emergenze, come si registra in questi tempi di Coronavirus. Molti sono i profili di aumentata vulnerabilità in questo frangente:
- lavorare fuori dal contesto aziendale, dove il livello di protezione – fisico e logico – è certamente superiore a quello domestico
- applicare presumibilmente soglie comportamentali non usuali nello svolgimento delle attività lavorative: il dipendente che lavora da casa si sente naturalmente più libero ed autonomo tanto da poter essere indotto a comportamenti che, in azienda, non sono considerati pertinenti, come la navigazione in internet su siti non professionali oppure la minore attenzione nell’uso dei dispositivi utilizzati a scopo lavorativo
- l’utente è più facilmente bersaglio di attacchi malevoli e questi possono più agevolmente andare a buon fine, sia per la mancanza delle barriere tipicamente presenti nel sistema informativo aziendale sia per la minore attenzione che l’utente può prestare a tali minacce, lavorando nel contesto familiare
- la stessa azienda è maggiormente esposta, considerati i numerosi accessi alla rete interna da remoto e il ricorso a dispositivi anche ad uso promiscuo (BYOD), che non sempre si è potuto preventivamente verificare e/o configurare in ottica di sicurezza.
E’ opportuno, pertanto, che in questo periodo si abbia l’occasione di rinnovare al proprio personale in smart working, alcune regole fondamentali della corretta gestione del data breach, in modo che eventuali violazioni di dati personali possano essere gestite adeguatamente, nonostante l’emergenza.
Sintesi
Una delle prime regole per una comunicazione efficace è la brevità e chiarezza.
Piuttosto che rinviare la popolazione aziendale alla lettura di lunghe e complesse disposizioni interne o procedure operative standard sarebbe preferibile catturare l’attenzione su poche ma fondamentali regole: le sei regole del data breach.
Google e i report sugli assembramenti
“Vedi come la tua comunità si muove diversamente a causa di COVID-19”, con questo annuncio del 3 aprile 2020 Google ha presentato la realizzazione di un’iniziativa che consente di visionare grafici relativi ai flussi delle persone, in via aggregata e riportata come anonima, in 131 Paesi, avvalendosi della base dati globale di cui dispone.
Google afferma che il suo “Rapporto sulla mobilità della comunità” o Community Mobility Report «è stato preparato per aiutare individui e i funzionari della sanità pubblica a comprendere le risposte alle linee guida di distanziamento sociale relative a COVID-19. Ogni rapporto è suddiviso per posizione e mostra il cambiamento nelle visite a luoghi come negozi di alimentari e parchi (…) ciascun rapporto sarà aggiornato regolarmente».
Il rapporto è accessibile all’indirizzo https://www.google.com/covid19/mobility/
La pagina Google raggiungibile a COVID-19 Community Mobility Reports
I dati italiani
Il rapporto sull’Italia (ultimo aggiornamento 29/3/2020) evidenzia un decremento dei flussi del -94% verso luoghi di vendita al dettaglio e attività ricreative, -85% verso drogherie e farmacie, -90% verso parchi pubblici, -87% verso stazioni di transito, -63% verso luoghi di lavoro, nonchè un incremento del +24% verso i luoghi residenziali. Segue, poi, lo spaccato per Regione.